Automotive: l’Europa punta su elettrico e idrogeno

Il Parlamento Europeo ha recentemente adottato la posizione negoziale sulla proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi, che abroga la direttiva 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio. Il provvedimento prevede la diffusione di stazioni di rifornimento per auto, camion, treni e aerei alimentati da combustibili alternativi (come l’elettricità o l’idrogeno) per sostenere la diffusione dei veicoli sostenibili. Le nuove norme fanno parte del pacchetto “Fit for 55% nel 2030”, il piano dell’UE per ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Il testo legislativo è stato adottato con 485 voti favorevoli, 65 contrari e 80 astensioni.

I deputati hanno concordato di fissare degli obiettivi minimi nazionali sull’installazione di infrastrutture per i combustibili alternativi. Entro il 2024, ogni Paese UE dovrà presentare alla Commissione un quadro strategico nazionale per il raggiungimento di tali obiettivi.

Secondo il testo, entro il 2026 le strade principali dell’UE dovranno avere almeno una colonnina di ricarica per auto elettriche ogni 60 km. Lo stesso requisito si dovrebbe applicare per camion e autobus elettrici sulle strade TEN-T principali e con stazioni più potenti. Sono inoltre previste alcune esenzioni per le regioni ultraperiferiche, le isole non collegate alle reti energetiche continentali e le strade a traffico particolarmente ridotto.

I deputati suggeriscono anche di installare un maggior numero di stazioni di idrogeno lungo le strade principali dell’UE (ogni 100 km anziché ogni 150 km, come proposto dalla Commissione) e di farlo più rapidamente (entro il 2027 anziché entro il 2031).

Ricarica semplice

L’utilizzo delle stazioni di ricarica accessibili al pubblico dovrebbe essere aperto a tutti gli utenti, indipendentemente dalla marca di automobile, in modo facile e non discriminatorio. Dovrebbe essere indicato un prezzo per kWh e per kg, conveniente e confrontabile con i prezzi medi. Inoltre, i deputati chiedono che entro il 2027 venga creato un punto di accesso europeo comune per i dati sui combustibili alternativi, in modo da fornire informazioni su disponibilità, tempi di attesa e prezzi dei combustibili alternativi in tutta Europa.

Ismail Ertug (S&D, DE), relatore sull’infrastruttura per i combustibili alternativi, ha dichiarato: “Disponiamo al momento di 377.000 stazioni di ricarica nell’UE, ovvero la metà del numero che si sarebbe dovuto raggiungere se i Paesi UE avessero mantenuto le loro promesse. Per salvare il Green deal, dobbiamo affrontare questa strettoia della decarbonizzazione e realizzare rapidamente l’infrastruttura per i combustibili alternativi.”

Dopo l’adozione dei mandati negoziali, il Parlamento è pronto ad avviare i negoziati con i governi UE.

Carlos Tavares, CEO di Stellantis, dalla tribuna del salone dell’auto di Parigi scuote i produttori europei e punta il dito contro l’eccessiva disponibilità da parte dell’Europa nell’accogliere auto cinesi e contro la normativa Euro 7 chiedendone la cancellazione.

Il suo intervento, ripreso da moltissime testate specializzate e non, ha posto un problema ai rappresentanti istituzionali a Bruxelles, sostenendo l’esigenza di applicare regole ferree alla possibile “invasione” da parte delle case del paese del Dragone.

Tavares ha infatti rivolto un appello chiedendo pari condizioni per le case europee sul mercato cinese adottando gli stessi provvedimenti che hanno assunto gli Stati Uniti, vincolando l’erogazione degli incentivi all’origine nordamericana delle produzioni e delle materie prime.

In merito alla richiesta della cancellazione dell’Euro 7, Tavares ha sostenuto che la nuova normativa anti inquinamento sarebbe troppo stringente e di conseguenza non sostenibile economicamente, soprattutto per le vetture di fascia bassa. Eppure volgendo lo sguardo dall’altra parte del mondo, alcune crepe si intravedono.

In Cina non è un buon momento per il settore dell’Automotive e dell’elettrico. Il Paese leader del settore, che guida le vendite globali con 2,97 milioni di veicoli venduti tra gennaio e settembre 2021 con una quota pari al 45% del mercato, patisce infatti i problemi della crisi globale.

Il lockdown che ha toccato il porto di Shangai ha minato la potenzialità della Gigafactory di Tesla di stanza nella città. Il fermo dell’approvvigionamento dei chip forniti da Taiwan dopo la visita a Taipei di Nancy Pelosi, speaker del Congresso Americano, e il varo del “Chip Act” da parte del Governo stelle e strisce in funzione anticinese, hanno creato e creano non pochi problemi al paese del Dragone, nella produzione automotive che necessita di semiconduttori sofisticati. Ciononostante si producono il 35% delle batterie utili per i veicoli elettrici grazie al controllo del 55% delle miniere e dei giacimenti mondiali dei minerali necessari alla realizzazione dei veicoli elettrici.

Nel tempo, inoltre, la Cina ha assunto un ruolo guida nella capacità di raffinazione di litio, cobalto e terre rare occupando circa l’85% del settore. Sei auto su dieci sono made in China, circostanza che ha attirato molti capitali stranieri.

Ma la transizione all’elettrico già per di sé non è cosa semplice. In più se alla rigida pianificazione quinquennale 2021-2025 con obiettivi fino al 2035, si associano le azioni dei grandi Paesi produttori di automobili, Stati Uniti in testa, che vogliono riguadagnare fette di produzione di mercato perse nell’ultimo decennio, ecco che le difficoltà aumentano. Il ricorso sempre più frequente a fonti energetiche inquinanti come il carbone (tra ottobre 2021 e marzo 2022 la Cina ha realizzato nuovi impianti da 20 GW autorizzando altre centrali nel 2022 per 8,45 GW) denota una fame energetica che difficilmente si potrà saziare con buona pace dell’ambiente.

La transizione dall’endotermico all’elettrico necessita di notevoli sforzi e di notevoli attenzioni. Una tra tante la dotazione di una rete di ricarica significativa e utile al consumatore. E su questo fronte si segnala l’inaugurazione in Francia della prima stazione di ricarica per veicoli elettrici super veloce. A Vernon-Douains, lungo l’autostrada A13 a circa 80 chilometri da Parigi, si trova la stazione di Kallista Energy, filiale del gruppo Boralex che gestisce 36 parchi eolici in Europa. Quattro i punti di ricarica Yaway che posso offrire fino a 360kW.

Dato che, tradotto in parole semplici, rivela come un veicolo elettrico potrà acquisire un’autonomia di 100 chilometri in meno di tre minuti e una ricarica completa in appena venti minuti. L’impianto servirà da modello per la struttura della rete nel Paese transalpino.

Il progetto prevede, infatti, una rete di 90 stazioni di ricarica ad altissima potenza e si svilupperà ulteriormente permettendo l’approvvigionamento energetico con un collegamento diretto alle turbine eoliche in modo tale da offrire ricariche a basso prezzo.

Abb E-mobility, leader nel settore, è il partner scelto da Kallista Energy per questo progetto. Gli impianti saranno compatibili con tutti i veicoli consentendo l’accesso ad ogni tipo di veicolo grazie a cavi lunghi fino a 5 metri. Tale progetto si giova del finanziamento pubblico, in quanto ogni punto di ricarica è stato finanziato per un importo di 18.000 euro dal programma “Advenir” dedicato alla ricarica super veloce.

In Germania invece si punta sull’idrogeno e sull’autoproduzione delle batterie investendo sul primo impianto Ue di idrossido di litio.

La strategia tedesca per l’idrogeno (H2) prevede che si costruisca una rete in grado di sostenere una capacità di elettrolisi di 5000 megawatt (MW) entro il 2030 e 10.000 MW entro il 2040 per produrre il nuovo combustibile.

Numeri che consentirebbero alla Germania di diventare leader nel settore e primo fornitore al mondo di idrogeno “verde”. Per raggiungere questo scopo il governo ha stanziato 9 miliardi di euro destinandone ben 2 alle partnership internazionali. D’altronde associare l’idrogeno, destinato in particolare al riscaldamento e ad alimentare mezzi pesanti e aviazione, con energia solare ed eolico, permetterebbe di sostituire l’energia fossile e nucleare.

Secondo le stime diffuse da H2IT – Associazione Italiana celle a idrogeno e combustibile – l’impiego dell’idrogeno nei processi di transizione ecologica e di decarbonizzazione dell’industria europea e anche del settore trasporti, potrebbe generare un giro di affari pari a 820 miliardi di euro all’anno creando in tutta Europa circa 5,4 milioni di nuovi posti di lavoro. L’Europa si è posta due obiettivi importanti: entro il 2024 installare 6 GW di elettrolizzatori per produrre 1 milione di tonnellate di idrogeno verde ed entro il 2030 arrivare a 40 GW di elettrolizzatori per produrre 10 milioni di tonnellate di idrogeno verde.

Anche l’Italia si sta muovendo in questo senso con la definizione delle modalità per lo sviluppo della filiera sull’idrogeno nel trasporto ferroviario ponendosi l’obiettivo della realizzazione di 40 stazioni di rifornimenti dei mezzi di trasporto a idrogeno sulla rete stradale entro il 2026. Sul fronte dell’automotive elettrico sono in corso le trattative per la realizzazione del primo impianto Ue di idrossido di litio, materiale fondamentale per la produzione delle batterie per le automobili.

Cospicue transazioni finanziarie con la Banca Europea degli Investimenti testimoniano la volontà della Rock Tech Lithium, gruppo canadese, di costruire un impianto di produzione di idrossido di litio a Guben nel Brandeburgo. Sarà il primo impianto commerciale in Europa per la produzione del materiale fondamentale per le batterie dei veicoli elettrici. L’investimento è pari a 560 milioni di euro dei quali 150 sarebbero richiesti alla Bei. Il progetto si inscrive all’interno dei parametri finanziari dei progetti che favoriscono la transizione verde dell’Unione Europea.

La Commissione Ue ha infatti stimato che la domanda di litio nei paesi europei aumenterà di 18 volte entro il 2030 e per rispondere a quest’esigenza, serviranno diversi impianti. A fine 2021 è stato presentato un altro progetto in Portogallo destinato alla produzione di idrossido di litio da parte di Aurora, joint venture creata dalla svedese Morthwolt e Galp Energy. “Possedere uno di questi impianti equivale ad una licenza per stampare denaro”, ha detto infatti il “guru” dell’elettrico.

A cura di Monica Pinata con il contributo di Alessandro De Santis

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