CYBERKNIFE : il robot che opera i tumori

In campo medico c’è una grande novità: è stato progettato e opera già benissimo Cyberknife, un braccio robotico che muove un acceleratore che produce fasci di radiazioni ionizzanti ad alta carica energetica irradiandoli da molteplici punti intorno al paziente. Tutto questo è già realtà all’ospedale Regina Elena di Roma e riguarda le terapie di pazienti soprattutto affetti da tumore alla prostata.

Bastano solo quattro sedute di Radiochirurgia per liberarsi del tumore alla prostata nelle fasi iniziali.

Quella della radiologia del Regina Elena è la seconda macchina installata in Italia e dedicata alla prostata.

In Italia, nel 2019, ci sono stati 37.000 nuovi casi di tumore della prostata  soprattutto negli uomini tra i 50 e i 69 anni e negli ultrasettantenni è la neoplasia più frequente e rappresenta il 20% di tutti i tumori.

Negli ultimi tre anni al Regina Elena sono stati trattati con il Cyberknife di ultima generazione circa 66 pazienti con tumore prostatico, selezionati per tumore localizzato, tracciabile e considerato a rischio basso o intermedio, secondo i criteri del National Comprehensive Cancer Network (NCCN). I risultati ottenuti sono molto buoni: i medici riportano tassi di tossicità a lungo termine minimi e fattibilità del trattamento nel 100% dei casi.

Il Cyberknife, è una macchina molto precisa e potente e ogni sua seduta dura pochi minuti; la terapia si svolge a giorni alterni per cui in una settimana si conclude il ciclo. Inoltre, la possibilità di tracciare in real time, durante l’irradiazione, la posizione della prostata attraverso una sequenza ravvicinata di radiografie, offre livelli di precisione millimetrici, che salvaguardano i tessuti sani circostanti.

Giuseppe Sanguineti – direttore della Radioterapia del Regina Elena afferma che:”Lo schema che adottiamo è il trattamento in sole 4 sedute e prende spunto dalla solida esperienza della brachiterapia, cioè la radioterapia interna con la quale sono stati trattati centinaia di pazienti in vari decenni. Un gruppo multicentrico americano l’ha reso replicabile attraverso il Cyberknife e i risultati su più di 250 pazienti affetti da tumore alla prostata ne confermano, anche con il sistema robotico, una notevole efficacia. Possiamo modulare così l’irradiazione dall’esterno, rispetto alla brachiterapia, ma distribuendo in egual modo dosi eterogenee e superiori rispetto ai protocolli tradizionali”.

I pazienti apprezzano soprattutto la rapidità ed efficienza con cui opera il robot.

Da un punto di vista medico, il vantaggio principale è la sua massima precisione tant’è vero che è stato molto utilizzato per il tumore al cervello.

Aldo Franco De Rose- specialista Urologo e Andrologo alla Clinica Urologica, Policlinico S. Martino di Genova- conferma che : “E’ una procedura molto precisa, perché il braccio robotico può assumere molte posizioni e si riesce quindi a centrare la parte interessata ed evitare effetti collaterali su organi e tessuti sani adiacenti”. L’esperto spiega che la tecnica si effettua in due fasi”.

La prima settimana c’è la fase di centraggio, cioè si iniettano sostanze radioattive nella prostata che poi diventano un punto di riferimento per tracciare le parti da colpire. La seconda fase consiste nella trasmissione dei raggi a voltaggio abbastanza elevato e, attraverso il braccio robotico, si cerca di mirare proprio al tumore grazie alla mappa tridimensionale tracciata dalle sostanze iniettate. Questa procedura è quindi molto mirata e dovrebbe evitare effetti collaterali sull’intestino o sulla funzionalità sessuale, cosa che può accadere con la radioterapia tradizionale”. Il condizionale è d’obbligo visto che al momento in Italia ci sono ancora pochi macchinari di questo tipo e la casistica di pazienti non è molto ampia.

Negli stadi iniziali di malattia il Cyberknife offre un’alternativa alla chirurgia. Lo strumento, nato per piccoli tumori cerebrali e della colonna, ora si estende nella routine clinica anche alla cura di quasi tutte le patologie tumorali, ma l’entità del beneficio dipende da numerosi fattori, come per esempio l’estensione e le dimensioni della malattia, la vicinanza di organi sani, la presenza di sintomi alla diagnosi.

Noi selezioniamo adeguatamente pazienti con malattia a basso rischio o a rischio intermedio e con questo braccio robotico riusciamo ad erogare dosi di radiazioni biologicamente molto superiori rispetto alla radioterapia tradizionale. In questo modo miriamo a ridurre e alleggerire ulteriormente il percorso terapeutico”, conclude Sanguineti.

La figura del robot in campo medico si sta sempre di più perfezionando e diventando funzionale.

Grazia Crocco

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