Riciclaggio rifiuti: la classifica mondiale

Riciclare i rifiuti è un procedimento molto utile ed ecologico anche se realizzare la raccolta riciclata spesso non è così facile.

I rifiuti, vengono definiti dalla direttiva europea del 2008/98/CE (articolo 3, paragrafo 1) come “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi”, costituiscono potenzialmente un’enorme dilapidazione di risorse sotto forma sia di materiali sia di energia.

La gestione e lo smaltimento dei rifiuti possono avere, tuttavia un forte impatto ambientale. Le discariche ad esempio occupano spazio e possono provocare l’inquinamento del suolo, dell’acqua e dell’aria, mentre l’incenerimento può diventare fonte di emissione di inquinanti atmosferici.

E’ utile scoprire quali sono le prime 10 città che riciclano meglio.

Al primo posto della classifica troviamo Copenhagen, capitale della Danimarca, che si è impegnata moltissimo per sviluppare ed implementare il verde, oltre che informare cittadini, enti e associazioni sull’importanza di riciclare.

Al secondo posto troviamo Curitiba in Brasile che ha iniziato le sue attività green molto tempo fa ed è considerata la più verde del mondo.

Poi troviamo la capitale della Norvegia, Oslo, che ha abbracciato da tempo le energie rinnovabili e dove le auto elettriche son molto diffuse.

Al quarto posto San Francisco negli Stati Uniti che ha programmi di riciclo davvero molto importanti, tanto da diventare la città più verde degli USA.

Al quinto c’è Stoccolma in Svezia che ha ridotto di molto il traffico di auto, offrendo alternative green.

Al sesto, Singapore dove tutti gli edifici che verranno costruiti dovranno essere green!

Al settimo posto Vancouver in Canada in cui i piani del paese hanno permesso la riduzione di emissioni e rifiuti, con un incremento della green economy.

All’ultimo posto di questa speciale classifica troviamo Vienna in Austria che punta molto sull’acqua, come generatore di energia elettrica.

All’interno dell’Unione Europeale politiche UE di gestione dei rifiuti mirano a ridurre l’impatto dei rifiuti sull’ambiente e sulla salute e a promuovere l’uso efficiente delle risorse dei vari Paesi.

L’obiettivo a lungo termine di tali politiche è la riduzione dei quantitativi di rifiuti prodotti , la promozione dei rifiuti come risorsa e il conseguimento di livelli più elevati di riciclaggio e uno smaltimento dei rifiuti sicuro.

Nel 2014, la produzione totale di rifiuti delle attività economiche e domestiche nell’UE-28 ammontava a 2 503 milioni di tonnellate.

In Europa restano forti oscillazioni fra le due modalità più comuni di smaltimento. Bruciare e dissipare come fumo in aria, oppure gettare tutto nella discarica sottoterra. E in genere chi ricicla di più brucia anche di più.

E il riciclo? La media Ue è del 29,4% dei rifiuti urbani, con circa 69,3 milioni di tonnellate ricuperate con una media di 136 chili annui per abitante. Il 16,8% viene compostato per l’agricoltura e per la digestione anaerobica, mentre il 27,5% viene incenerito e il 26,3% finisce gettato in discarica

Ovviamente più un Paese è grande e più avrà una grande quantità di rifiuti da smaltire.

I rifiuti pericolosi possono rappresentare un rischio elevato per la salute dell’uomo e per l’ambiente, nel caso in cui non siano gestiti e smaltiti in maniera sicura. Tra i rifiuti prodotti nell’UE-28 nel 2014, circa 95,0 milioni di tonnellate (pari al 3,8 % del totale) sono stati classificati come rifiuti pericolosi.

Le politiche UE di gestione dei rifiuti mirano a ridurre l’impatto dei rifiuti sull’ambiente e sulla salute e a migliorare l’efficienza delle risorse in Europa. L’obiettivo a lungo termine è di far diventare l’Europa una società del riciclaggio, che evita di produrre rifiuti e che per quanto possibile usa i rifiuti inevitabili come risorsa. Lo scopo è di conseguire livelli assai più elevati di riciclaggio e limitare l’estrazione di ulteriori risorse naturali. La gestione adeguata dei rifiuti è un elemento essenziale per garantire l’efficienza delle risorse e la crescita sostenibile delle economie europee.

In Italia la gestione dei rifiuti ha raggiunto nel corso degli anni risultati sorprendenti in quanto tutte le regioni hanno differenziato abbastanza da far raggiungere percentuali abbastanza elevate. Il problema principale è che purtroppo nonostante la riforma e i traguardi raggiunti, ci sono ancora dei comuni che ogni anno rimangono indietro sia a livello di qualità che di quantità. Questo accade perché c’è mancanza di impianti idonei a smaltirli e quindi molti comuni sono costretti ad uscire fuori regione.

Un’operazione alquanto pericolosa e dispendiosa. Le regioni in difficoltà hanno principalmente il problema dell’organizzazione della gestione dei rifiuti, dovuto soprattutto alla politica che vige su ognuno di loro perché non si curano di presentare delle domande di finanziamento per risolvere pure in parte la questione. Il disagio si registra annualmente sempre al Sud e alcune regioni del Centro. Roma, ad esempio, è diventata una discarica a cielo aperto per l’incapacità di adottare misure d’emergenza che assicurano comunque lo smaltimento dei rifiuti prima che le soluzioni più innovative vengano implementate. Il problema che va avanti dal 1999 è che mancano soprattutto degli impianti di stoccaggio rifiuti ed in particolare il problema sono i rifiuti industriali perché alcuni, se non vengono smaltiti in maniera corretta, possono rivelarsi molto dannosi e pericolosi. In queste regioni ciò che manca è la visione di quello che possono essere i rifiuti e cioè una vera e propria risorsa per il paese e in particolare per l’economia, soprattutto quella green che potrebbe permettere di far raggiungere all’Italia traguardi importanti.

Lo smaltimento sbagliato, è causa di incendi agli impianti di stoccaggio.
Nel mondo i vari Paesi hanno il loro modo di smaltire : il Nord America predilige la discarica classica (54,3% dei rifiuti) e il riciclo (33,3%), l’Asia meridionale come l’India abusa dell’abbandono a cielo aperto (75%), l’Africa Settentrionale e il Vicino Oriente ricorrono soprattutto all’abbandono all’aperto (52,7%) o in discariche (34%).

L’Europa e l’Asia Centrale che vi fa riferimento (come i Paesi ex Urss) ricorrono in misura equilibrata a tutte le modalità (25,6% abbandono irregolare, 25,9% discarica, 30,7% riciclo e compost, 17,8% incenerimento); l’Africa Nera abbandona la spazzatura (69% e un altro 24% in discariche regolari).

Le Americhe del Sud e Centrale prediligono le discariche (68,5%) ma non è raro l’abbandono (26,8%). L’Asia Orientale e Pacifica è forte nelle discariche (46%) ma fa anche un ricorso generoso all’incenerimento (24% dei rifiuti prodotti). («What a waste 2.0», World Bank).

Circa il 90% della plastica  che finisce ogni giorno negli oceani proviene dai fiumi Yangze, Indo, Fiume Giallo, Hai, Nilo, Brahmaputra Gange, Fiume delle Perle, Amur, Niger e Mekong.

Nel mondo si producono ogni anno 2,01 miliardi di tonnellate di rifiuti, con una previsione che secondo la World Bank arriverà a 3,4 miliardi di tonnellate nel 2050. Il 4% degli scarti è formato da metalli (come la banda stagnata della latta o l’alluminio), il 5% vetro, il 12% plastica, il 17% carta e cartoncino, il 44% residui di cibo e di vegetali e il 18% rifiuti diversi.

I più forti produttori di spazzatura sono l’Asia Orientale e Pacifica e l’Europa allargata all’Asia Centrale dei Paesi ex Urss. Ogni anno l’Asia Orientale e Pacifica produce 468 milioni di tonnellate di spazzatura, l’Europa e l’Asia europea 392 milioni. L’Asia Meridionale produce 334 milioni di tonnellate, l’America del Nord 289 , le Americhe Centrale e Meridionale 231 milioni, l’Africa Nera 174 milioni e l’Africa Settentrionale e il Vicino Oriente 129 milioni di tonnellate l’anno. Un terzo di questa immondizia è abbandonata nell’ambiente o bruciata all’aperto. La raccolta dei rifiuti è pari al 96% nei Paesi ricchi, all’82% nei Paesi a media ricchezza, al 51 nei Paesi di nuova economia e al 39% nei Paesi poveri.

Grazia Crocco

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