Andrea, il bagnino cantante, e il salvataggio miracoloso

Andrea Serrani, bagnino di grande cuore e grande professionalità, ci racconta alcuni momenti significativi della sua vita, ed alcune sue esperienze in questa intervista.

Andrea, ci racconti la tua esperienza? Quali sono stati i salvataggi più importanti che hai effettuato? Come mai hai scelto questo mestiere?

Ti parlerò di uno dei tanti salvataggi che ho fatto nella mia carriera. Di molti salvataggi se ne perde la memoria nella “routine” lavorativa, ma di alcuni decisamente No!

Ti premetto che dell’esperienza della quale ti sto per raccontare ne ho parlato rarissime volte, perché ogni volta che ne parlo ricordo tutto… e non è piacevole.

Vengo subito al punto, ero in Messico, Puerto Escondido, Playa Zicatela, terzo posto al mondo por las Olas mas Peligrosa, come dicono i miei Fratelli colleghi Messicani. Era il 6 gennaio 2009, come avevo già fatto nel 2005 prestavo servizio volontario con i bagnini locali per amicizia e per carenza di personale. Era pomeriggio e in quel momento ero libero dal servizio…. a volte

penso che Dio ci muove per un fine ultimo che a noi non è concesso comprendere.

Stavo alla torretta dei Salvavidas (bagnini), pomeriggio abbastanza tranquillo con poca gente. Forte corrente e onde di 2-3mt che si formano all’improvviso nel mare davanti la spiaggia. Dovevo andare al bagno , e con la scusa, ho detto ai colleghi in torretta, “me ne vado nuotando”, 200mt più avanti. Così ho fatto….

Uscendo dall’acqua mi sono reso conto che c’era una corrente fortissima, formatasi all’improvviso come al solito.

C’erano dei ragazzi che stavano facendo il bagno senza rendersi conto che la corrente li stava portando dentro, quindi li ho invitati ad uscire, e lo hanno fatto con molta fatica ringraziandomi.

Quindi sono uscito anche io, e ho dovuto usare un po’ di esperienza per contrastare il “risucchio” della corrente.

Cosa è successo quando sei arrivato sulla spiaggia?

Arrivato sulla spiaggia mi sono voltato verso il mare, e ho notato un ragazzo e una ragazza che si dirigevano diritti nel punto dove la forza della corrente era più forte, e la cosa peggiore è che questo fiume in piena terminava in una risacca di un’onda di 2-3 mt.

Richiamarli?… Ormai troppo tardi erano già nel ribollio delle onde.

Ho provato ad agitare le mani e fischiare per avvertire gli altri salvavidas, perché tirare fuori due persone in quel momento da solo e senza supporti galleggianti pareva impossibile.

Non mi sentivano e nemmeno mi hanno notato perchè stavano tutti e tre osservando una situazione di potenziale pericolo dall’altra parte della spiaggia.

Non c’era tempo e il ragazzo stava riuscendo lentamente a risalire la corrente, ma la ragazza era ormai in balia degli elementi.

Non ho esitato, non c’era tempo, pur avendo la consapevolezza che senza pinne e senza nessun tipo di galleggiante/ausilio le probabilità di riuscita/uscita in quel frangente erano scarse.

Due giorni prima mi sono messo per allenamento da solo in una situazione del genere e si può avere tantissima paura.

Nuoto veloce quanto più posso cercando allo stesso tempo di risparmiare le forze per non arrivare stremato! Ora la ragazza é finita proprio nel punto dove rompe l’onda, dove non si riesce ad aver il tempo per respirare.

Accelero la mia testa è alta con lo sguardo fisso sull’obbiettivo ed incomincio ad avere paura vedendo l’ultima onda che chiude su quella ragazza, ma non posso permettermi di avere paura, la sgombro prima ancora che possa afferrare i miei pensieri e mi butto con tutta la rapidità che posso a prendere quella povera ragazza.

Riesco ad afferrarla per un braccio, piange grida, cerco di tranquillizzarla ”quiet, don’t worry, quiet”.

Non possiamo rimanere lì, l’onda con la sua risacca è troppo forte ed io non ho le forze per sostenerci tutti e due, ho ancora addosso la stanchezza dell’allenamento mattutino.

Non si può rientrare in quel punto, non è possibile, dobbiamo uscire e andare al largo.

Cosa hai detto alla ragazza che immaginiamo sconvolta?

Guardo la ragazza e in maniera molto forte e deciso gli dico: ”out, we must go out”

Mi guarda con gli occhi pieni di paura e stupore, grida “No!”

Don’t worry i’m lifeguard” e mentre lo dicevo la consapevolezza di avere poche energie mi dava la forza di un assoluta calma e freddezza necessaria per controllare tutta la situazione in torno.

Riesco finalmente ad uscire dal punto critico, adesso devo aspettare. Agito il braccio per segnalare a terra che ho bisogno di aiuto, una, due volte, spero che qualcuno mi avrà visto.

Con una mano sotto l’ascella sostengo la ragazza, con l’altra e le gambe remo per stare a galla.

Guardo verso riva, ”bene! Il suo ragazzo e riuscito a rientrare”

Ormai sono a forse più di 200mt dalla riva, sento la fatica, la ragazza mi domanda se sono stanco.

Gli rispondo che sono ok, gli domando come si chiama, come sta, più parla più si tranquillizza e più galleggia.

Sto remando da un po’ di tempo forse uno o due minuti, o forse non so, vedo avvicinarsi un surfista che ha intuito la situazione: ”meno male!” gli dico e gli faccio cenno di avvicinarsi.

Nel frattempo sono entrati anche i miei amici salvavidas, fanno fatica a bucare il point breck, sono in tre, sanno che per uscire da quel gorgo bisogna nuotare insieme.

E’ arrivato il surfista, mi passa la tavola, ci metto sopra la ragazza, poco dopo arrivano anche i salvavidas, tranquillizzo per l’ultima volta la ragazza e la invito a farsi imbragare dai colleghi, che l’agganciano in due.

Sono stanco ma devo rientrare, ringrazio il fratello surfista e nuotando lentamente sfruttando la corrente dove posso, rientro.

Arrivo in spiaggia, mi siedo sulla battigia, avrei voglia di piangere ma non posso.

Immagino come ti abbiano ringraziato.

Il ragazzo che era riuscito ad uscire da solo mi viene incontro, mi stringe la mano con un calore che ripaga tutti i miei sforzi, la madre della ragazza e la ragazza ormai uscita dall’acqua mi abbracciano in lacrime

Commento un po’ dell’accaduto con gli altri salvavidas, e vado a casa, voglio riposare mi sento veramente provato.

Mi incammino per strada soffoco le emozioni che non ho potuto liberare prima, paura pianto, impotenza, e penso che Dio, in alcuni momenti ci invita a fare. E l’unica cosa che a noi e concessa è quella di decidere se fare, o non fare.

Come ti sei sentito quando sei rimasto solo dopo questa esperienza?

Rientrato a casa mi rilassai e tutte l’emozioni che fino a quel momento avevo tenuto sotto controllo, rigurgitarono in un pianto liberatorio che durò diversi minuti. Per i due giorni seguenti non ebbi la forza di uscire da casa.

Esperienze così forti ci avvicinano a Dio e insegnano ad essere più umili.

Raccontaci della tua esperienza come cantautore

Questi sono due temi molto connessi tra loro, non a caso molte canzoni parlano e sono ispirate dal mare, l’amore che puoi mettere per salvare la vita al prossimo è lo stesso che metti quando componi una canzone, quando suonando crei un’emozione, un pensiero o una riflessione che ti cambia la vita.

Il suono nell’acqua è amplificato di 4 volte rispetto all’aria, l’acqua è un fluido armonico che ti avvolge esattamente come fa il suono di una bella musica. Queste sono le ragioni per le quali mi sono avvicinato al mestiere di “bagnino” o soccorritore, per meglio dire.

La mia carriera da cantautore comprende 3 dischi (demo) con una decina di brani alcuni dei quali tradotti e ricantati in lingua spagnola.

Mi ricordo una volta all’Aeroporto di Città del Messico, nella gigantesca sala d’aspetto con la chitarra in spalla, una ragazza mi invitò a cantare una mia canzone… con titubanza e timidezza spronato da quella fanciulla dallo splendido sorriso, incomincia a intonare “Historia De Un Amor”. A poco a poco la gente si avvicinò, e mentre suonavo mi accorsi che il normale brusio di quel luogo si era magicamente abbassato. Alla fine del pezzo, dalle decine di persone che si erano avvicinate parti un applauso spontaneo che mi fece rizzare i peli.

Ma perché non ha continuato a suonare?

I fattori possono essere diversi, economici, emotivi, il momento storico. Quando ho cercato di promuovermi ancora non c’erano i canali di diffusione internet con tutti i social, quindi la prassi era muoversi per le case discografiche e suonare, poco. Tanti musicisti e troppi pochi locali dove poter suonare, che tradotto è: con la musica non ci mangi….Oggi, sto pensando di ributtarmi sul mercato, e vedremo che succede.

Grazia Crocco

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