La meritocrazia è quel concetto caro a chi ama e pratica valori quali la libertà, l’onestà e la propria e l’altrui dignità.
Meritocrazia e libertà
Come può sentirsi libera una persona che ricorre, a prescindere dalla propria formazione e talenti naturali, all’aiutino del potentato di turno per eludere il fastidioso ed inutile iter di selezione per ottenere un risultato ambito? Non certo bene, non si sentirà gratificato, non avrà scoperto le proprie potenzialità, non avrà sfidato se stesso, conserverà intatta la sua insicurezza ed inadeguatezza.
Meritocrazia ed onestà
In un ambito di ricerca professionale nel settore privato, le referenze circa la professionalità e l’adeguatezza di un candidato per un ruolo preciso, possono essere utili al datore di lavoro per fare una prima valutazione. Ma lo step successivo è senza dubbio la sua capacità reale di essere una risorsa per l’azienda e non un peso. Nel settore pubblico, i candidati generalmente sono cooptati per concorso, con tanto di regole da rispettare. In Italia in questo ambito, si è visto di tutto. I “sistemati” ad un certo livello hanno cercato di “dare una mano”, surclassando le regole, lì dove e “come” potevano per il povero candidato che ha chiesto il loro aiuto, certamente non disinteressato. Le conseguenze sono facili da immaginare: a parte il reato grave che si consuma ogni volta che si ricorre a questi sistemi illegali, si provoca negli altri concorsisti una generale frustrazione e sfiducia nel sistema istituzionale, che col tempo logora il patto implicito e sociale tra i cittadini e lo Stato.
Il malessere produce anche una certa disaffezione nel voler compiere un faticoso e serio percorso di formazione e, infatti, molti ragazzi italiani rinunciano a conseguire un titolo accademico. L’Italia, non a caso quindi, si trova ad essere in fondo alla classifica europea dei laureati.
Per non parlare dei cosiddetti cervelli in fuga. In pratica quei pochi che si laureano pensano, da subito, che nel nostro Paese non ci sono reali possibilità per la valorizzazione del proprio talento e preferiscono offrirlo a chi lo sa apprezzare, cioè ai paesi stranieri che non hanno investito un soldo per la loro formazione e si trovano a beneficiare di risorse umane qualificate.
Meritocrazia e…ingenuità
La furbizia nazionale non è un valore da custodire gelosamente quale componente imprescindibile del DNA nazionale. Nell’era della globalizzazione, dove gli scambi avvengono non solo attraverso le piattaforme di comunicazione informatica, ma anche attraverso gli scambi commerciali, culturali ed imprenditoriali, essere “furbi” è una vera disfatta, in tutti i sensi.
Quello che crede nella meritocrazia è generalmente connotato nel nostro paese come l’idealista che non ha capito come va il mondo. In realtà è il contrario: il mondo, tranne alcune realtà retrograde con PIL da paesi in via di sviluppo, va proprio in senso meritocratico. In questi Stati lungimiranti si sviluppa il circolo virtuoso della valorizzazione del talento e della preparazione dei ragazzi, con conseguente aumento della produttività nel mondo del lavoro, l’abbattimento dei costi e la maggiore competitività, sul piano internazionale, sia delle realizzazioni pubbliche che private.
Solo un bieco ed ormai inutile provincialismo può accettare ancora che la furbizia, la corruzione e l’incompetenza la facciano ancora da padrone nel Paese delle eccellenze, della bellezza e del patrimonio artistico più imponente del mondo.
Sarebbe bello finalmente affacciarsi alla finestra per respirare un po’ d’aria pulita e guardare oltre alle abitudini deleterie e stantie. E’ tempo di cambiare, dunque. E’ tempo di sognare.
Cristina Palumbo