Il Regno Unito e l’Unione Europea: dall’ingresso all’uscita

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Il 23 giugno 2016 il Regno Unito, tramite un referendum, decide di uscire dall’Unione Europea con circa il 51,9% dei votanti 1.

Alle urne si recano più di 30 milioni di persone ed è la prima volta che uno Stato membro esprime il parere favorevole per il recesso dall’istituzione comunitaria.

Il processo di adesione comunitaria britannico all’allora CEE ( Comunità Economica Europea) non è stato facile ed addirittura controverso, tanto che la Gran Bretagna entra a far parte della Comunità Economica Europea solamente nel 19732.

Nel 1961, per la prima volta, Il Regno Unito durante il governo del conservatore Macmillan chiede ufficialmente di poter entrare a far parte del Mercato comune 3, anche se due anni dopo i negoziati vengono interrotti poiché De Gaulle, l’allora Presidente della Repubblica francese, mette in dubbio la reale volontà degli inglesi di voler far parte della Comunità4.

Nel 1967 La Gran Bretagna tenta nuovamente di aderire alla Comunità, ma vede nuovamente un atteggiamento ostile da parte della Francia ed è solamente nel 1969 grazie al nuovo primo ministro francese Pompidou, che durante il governo Wilson possono iniziare i negoziati per l’entrata del Regno Unito nella Comunità5.

Finalmente il 1 gennaio 1973 il Regno Unito entra ufficialmente a far parte della CEE.

Due anni dopo, nel 1975, nel Regno Unito si indice un referedum che propone questo quesito : Do you think that the United Kingdom should stay in the European Community (the Common Market)? Ovvero si vuole conoscere il reale parere della gente in merito alla permanenza all’interno della Comunità.

Il referendum ha esito positivo e circa il 70% delle persone vota per il SI.

L’entrata all’interno dell’istituzione del Regno Unito è vista dalla maggior parte dei cittadini britannici come una novità e come una grande occasione, sotto tutti i punti di vista; anche se fin dalle origini la Gran Bretagna, adottando un atteggiamento isolazionista, non fa tutto il necessario per portare avanti lo spirito d’integrazione.

Infatti non è neanche tra i paesi fondatori della CEE e come ricorda l’allora primo ministro britannico Winston Churchill: “ Non vediamo altro che beneficio e speranza in una comunità europea più ricca, sogno ed il nostro dovere. Siamo con l’Europa, ma non ne facciamo parte6.

Durante gli anni ‘50 e ‘60 i rapporti commerciali che l’Inghilterra aveva con il Commonwealth e con gli Stati Uniti, non erano ben visti dalla Francia che cercava di ostacolare in tutti i modi l’entrata di questa nella Comunità.

La Gran Bretagna, che nel dopoguerra era il Paese più forte e fiorente, in realtà, beneficiava poco anche della politica agricola comune (PAC) comunitaria, poiché questa era rivolta soprattutto a quei Paesi che vivevano soprattutto di agricoltura.

Già allora contava molto il parere dei cosiddetti “euroscettici” come, ad esempio, quello del deputato conservatore Bill Cash, presidente dell’European Foundation : “ Un’Europa federale implica l’abbandono delle leve del governo democratico nazionale in favore di un apparato burocratico centrale e non eletto”7.

La Gran Bretagna inoltre riesce ad ottenere degli “opting out” dall’Unione come, ad esempio, la possibilità all’interno del Trattato di Schengen di mantenere comunque i controlli alle frontiere esterne o di non aderire al fiscal compact; di non adottare la moneta unica, l’euro e infine di avere più potere in materia di libertà, sicurezza e giustizia rispetto agli altri Stati8.

I britannici non aderirono neanche alla moneta l’unica, l’euro, scegliendo di mantenere la sterlina e confermando così la loro scarsa voglia di integrazione.

Tra le conseguenze della Brexit, ovvero dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, c’è anche quella delle dimissioni del Premier conservatore David Cameron.

Il Regno Unito ha a disposizione due anni per negoziare i termini dell’accordo di recesso e quindi durante questo periodo continuerà ad essere soggetto all’apparato legislativo europeo 9.

E’ col trattato di Lisbona che viene introdotto l’articolo 50 che disciplina il caso di recesso volontario richiesto da uno degli Stati Membri e che prevede alcune fasi tra cui la notificazione al Consiglio europeo della volontà di ritirarsi, la negoziazione vera e propria dell’accordo, la deliberazione dell’accordo e l’entrata in vigore che indica che lo Stato non è più tenuto a rispettare le norme comunitarie in quanto non ne fa più parte 10.

Quando il Regno Unito non farà effettivamente più parte dell’ Unione Europea sarà interessante capire in che modo questo disciplinerà i suoi rapporti commerciali con l’Unione.

Ci sono alcuni modelli di riferimento che potranno essere utilizzati come quello turco, norvegese, svizzero, canadese ecc.11

Si tratta di disciplinare la questione dell’accesso al mercato interno da paese non membro. Questa questione potrà anche essere disciplinata tramite un accordo ad hoc tra l’Unione e la Gran Bretagna.

Dopo le dimissioni dell’ex premier conservatore David Cameron, promotore del referendum sulla Brexit, è la nuova Premier Theresa May che dovrà occuparsi di gestire la “ Brexit” nel migliore dei modi.

Essendo la prima volta che uno Stato recede (in passato era uscita la Groenlandia, una grande isola), si dovranno stipulare nuovi accordi, monitorare l’andamento delle borse e trovare soluzioni comuni alle varie problematiche che sorgeranno.

Solo il tempo, infine, potrà dirci quale sarà il vero esito di questa Brexit sia per noi europei che per i nostri amici “extracomunitari”.

Grazia Crocco

1. B.WHEELER, A. HUNT, Brexit: All you need to know about the UK leaving the EU, 2016, consultabile su http://www.bbc.com/

2. Cfr. European Communities Act 1972, consultabile su www.legislation.gov.uk

3. J.JINKS, history past prime ministers, consultabile su www.gov.uk/government/history/past-prime-ministers/harold-macmillan

4. D.MESSINA, Quando era l’Europa (e De Gaulle) a dire di no alla Gran Bretagna, 2016, consultabile su www.corriere.it

5. S. GEORGE, Britain and the European Community: The Politics of Semi-Detachment, Oxford University Press,1992

6. .A.LANDUYT, Idee d’Europa e integrazione europea, 2004,p.195

7. B. CASH, Vote to stop the Federal Juggernau, 1996 consultabile su “The Times

8. M. CASTELLANETA, Le 7 cose da sapere su Brexit, 2016, consultabile su www.ilsole24ore.com

9. vedi, What would a Brexit mean for the UK and Europe?, 2016, consultabile su www.fxcm.com

10. vedi, Il Trattato di Lisbona, consultabile su www.ecb.europa.eu

11. Cfr. GRIMALDI STUDIO LEGALE, Brexit: Le conseguenze legali, del seminario del 14 luglio 2016.

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Grazia Crocco Autore