Secondo le stime ONU, gli incidenti stradali comportano 1,25 milioni di morti all’anno con feriti che in tutto il mondo potrebbero raggiungere i 50 milioni ogni anno. Oltre il 90% dei decessi si verifica nei Paesi a basso e medio reddito. Il riconoscimento di questo problema, ha portato gli Stati Membri rappresentati nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a sentire la necessità di un decennio di azione per sicurezza stradale (2011-2020) che è stato decretato con l’obiettivo ambizioso di stabilizzare e poi ridurre le vittime della strada a livello globale.
La nuova risoluzione ONU sulla sicurezza stradale
E’ di questi giorni (15 aprile 2016) il fatto che l’Assemblea generale dell’ONU ed i suoi Stati membri abbiano adottato la risoluzione A/70/L.44 che mira a “migliorare la sicurezza stradale globale”. La risoluzione è stata presentata dal governo della Federazione Russa che ne è il primo firmatario, con la collaborazione di 55 governi compresa l’Italia. La risoluzione ribadisce l’importanza di adottare ed attuare quegli “obiettivi di sviluppo sostenibile” nell’ambito della sicurezza stradale, secondo i contenuti dell’Agenda ONU per lo sviluppo sostenibile al 2030. In particolare l’obiettivo 3.6 prevede entro il 2020 una riduzione del 50% dei morti sulle strade del globo. Inoltre, l’obiettivo strategico 11.2 chiede di rendere accessibile a tutti i cittadini un sistema di trasporto più sicuro, efficace e sostenibile entro il 2030. Al riguardo, la risoluzione riconosce l’importanza di questi obiettivi ed identifica l’azione per ridurre le morti e le lesioni da traffico stradale come una pressante priorità per lo sviluppo mondiale. Inoltre, la risoluzione approva il documento conclusivo della seconda conferenza ad alto livello sulla sicurezza stradale, tenutasi in Brasile nel novembre 2015, vale a dire la “dichiarazione di Brasilia sulla sicurezza stradale“.
L’incontro AIPCR del 29 settembre a Roma
Anche l’evento AIPCR del 29 settembre a Roma è soggetto alle ricadute dirette di tale risoluzione ONU. Infatti la citata risoluzione (A/70/L.44) riconosce il Manuale AIPCR sulla sicurezza stradale come “un importante risultato internazionale ed una risorsa per i responsabili di diverso livello nelle amministrazioni del mondo in vista di un miglioramento della sicurezza stradale globale“.
Un riconoscimento istituzionale di questo livello non porta solamente una certa attenzione sul manuale, ma diventa anche una indubbia responsabilità per il gruppo di tecnici internazionali che operano sul tema.
L’incontro di Roma non sarà solo la prima uscita pubblica del Comitato internazionale per le “Politiche ed i Programmi per la sicurezza stradale” che, tra l’altro, ha proprio una responsabilità diretta per la cura del Manuale sulla Sicurezza Stradale. Sarà infatti anche l’occasione dell’insediamento, in sede ristretta, del Comitato Direttivo istituito per il manuale e che dovrà guidare l’evoluzione, la diffusione e lo sviluppo di opportune strategie di formazione del personale interessato. A fare parte del Comitato Direttivo, oltre ad una selezione dei esperti del comitato, è stata richiesta una rappresentanza delle istituzioni globali (Organizzazione Mondiale della Sanità, OECD, Nazioni Unite – ECE) e degli enti che, nel mondo, finanziano le strade, quali: la Banca Mondiale, la Banca Europea degli investimenti, la Banca per lo sviluppo dell’Asia, la Banca per lo sviluppo dell’Africa, la Banca per lo Sviluppo dell’America Latina.
L’approccio di sistema alla sicurezza secondo il manuale
E’ ormai ampiamente riconosciuto che le gravi perdite per la salute in incidenti stradali sono in gran parte prevenibili se non prevedibili – si tratta di un problema dovuto all’uomo, di cui è possibile una analisi razionale ed una efficace gestione in termini di miglioramento progressivo. I sistemi di trasporto stradali (composti di veicoli, infrastrutture, fattore umano, scelta delle velocità ammissibili) possono essere sviluppati in modo da ridurre la probabilità di incidenti mortali e minimizzare la gravità delle lesioni in caso di incidente. Questo orientamento internazionale è peraltro supportato da un insieme sostanziale di conoscenze su come raggiungere significative diminuzioni di quegli impatti negativi della motorizzazione che sono eticamente inaccettabili, ancor prima di essere costosi. In questo caso, siamo proprio noi paesi dell’Unione Europea un buon esempio: il volume complessivo del traffico è triplicato tra il 1970 e il 2000, mentre il numero di morti per milione di abitanti è diminuito del 50%.
Negli ultimi 20 anni, due esempi importanti e complementari hanno contribuito ad innovare l’approccio olistico alla sicurezza stradale, indicando anche modalità di gestione del processo, ritenute efficaci nell’ottenere risultati apprezzabili. Il primo approccio è quello adottato dalla Svezia (Vision Zero – Tingvall, 1995), l’altro è quello dei Paesi Bassi (Sicurezza Sostenibile – Koornstra et al., 1992), due approcci che, nel corso degli anni 90, hanno proposto un cambiamento di paradigma, ponendo obiettivi ambiziosi per il sistema della sicurezza stradale.
L’obiettivo per il lungo termine di un approccio di sistema alla sicurezza è l’eliminazione dei casi di morte e delle lesioni gravi, sostenuta – a medio termine – da obiettivi quantitativi di riduzione degli incidenti (OCSE, 2008). Il metodo è quello di lavorare per l’implementazione di un sistema in grado di ridurre al minimo la morte e le lesioni gravi, pur ammettendo che potrebbero ancora verificarsi incidenti con esiti minori. L’obiettivo etico del sistema di sicurezza ha, di fatto, ri-definito cosa si intende per “sicurezza” in termini di obiettivi di gestione del sistema del trasporto stradale, e delle sue componenti (progettazione e costruzione dei veicoli, delle infrastrutture, ecc.).
La strategia di sistema per la sicurezza mira a garantire che, in caso di incidente, le energie di impatto che raggiungono la persona rimangano al di sotto della soglia che può causare la morte o le lesioni gravi. L’obiettivo è quello di tenere in conto le caratteristiche umane note, tenere conto dell’errore non intenzionale e tenere quindi maggiormente in conto la vulnerabilità del corpo umano nella pianificazione, progettazione, nell’esercizio e nell’uso del sistema stradale, a beneficio di tutti gli utenti della strada. L’intervento sul sistema di sicurezza si rivolge ovviamente a tutti gli elementi del sistema che interessa il traffico stradale: le infrastrutture, i veicoli, il sistema di emergenza medica, la preparazione tecnica e cognitiva degli utenti della strada. L’obiettivo zero è impossibile nel breve periodo ma, proprio gli importanti miglioramenti che si sono registrati nel nostro continente, sulle nostre autostrade, stanno lì a dimostrarci che potremmo avvicinarci all’utopia, lavorando per obiettivi di medio/lungo termine e grazie ai miglioramenti tecnici, tecnologici, organizzativi e culturali che sapremo suscitare.
Roberto ARDITI – SINA (gruppo Gavio)