Entro un mese i quattro Tornado italiani, impegnati attualmente nei cieli dell’ Iraq con compiti di pura ricognizione, potrebbero partecipare attivamente ai raid contro i terroristi dell’ISIS. Il Governo sonderà, nei prossimi giorni, maggioranza e opposizione per avere il massimo consenso su questo dispiegamento militare con nuove regole d’ingaggio sollecitato sia dagli USA che dalle autorità di Bagdad ed andrà, poi, in Parlamento.
Dopo Parigi e Londra, anche Roma si prepara quindi agli attacchi aerei contro lo Stato islamico. E’ un ulteriore segno che l’Europa dice basta alla “tolleranza passiva” nei confronti dell’estremismo islamico. E’ un segno della consapevolezza crescente che la lotta all’ISIS va condotta con la stessa determinazione della guerra al nazismo. Ed è infine un segno che all’invasione europea dei profughi siriani non si intende rispondere solo con l’accoglienza dignitosa e solidale, ma anche combattendo la causa di questa fuga di milioni di rifugiati: l’aggressività criminale e crudele del cosiddetto stato islamico.
L’organizzazione internazionale per le migrazioni ha appena diffuso la notizia che i profughi ingoiati mortalmente dal Mediterraneo mentre erano in fuga dal terrorismo islamico sono ormai quasi tremila. I siriani, a causa dell’ISIS, sono diventati il più numeroso gruppo di rifugiati del mondo. Più della metà dei 22 milioni di abitanti della Siria ha dovuto lasciare la propria casa e quattro milioni sono fuggiti all’estero, soprattutto nei paesi vicini come il Libano, la Turchia e la Giordania. L’Europa ha gridato all’invasione e si è lacerata sulla sostenibilità dell’accoglienza per “soli” 350mila rifugiati siriani. Ma cosa accadrà quando i 4 milioni di siriani fuggiti busseranno insieme alle porte dell’Europa perché le condizioni di vita nei campi profughi dei Paesi vicini alla Siria diventeranno insostenibili? L’Europa li accoglierà tutti?
Oggi i siriani puntano verso l’Europa a causa della vicinanza geografica. Ma l’Europa non è attrezzata per subire un esodo di milioni di profughi. La questione dei profughi siriani andrebbe quindi internazionalizzata diventando un problema dell’ONU, non solo dell’Europa. In questo senso c’è un importante precedente. Nel 1979 l’ONU affrontò la crisi dei profughi vietnamiti nel mar Cinese meridionale. Le foto delle fragili e stracolme imbarcazioni in cui i rifugiati vietnamiti tentavano traversate disperate riuscirono a smuovere la pubblica opinione stimolando i governi a reagire. Così, nello stesso anno, più di 60 Paesi, dal Canada alla Francia, dal Regno Unito alla Germania fino all’Australia, s’impegnarono ad accettare quote di rifugiati garantendo loro una dignitosa accoglienza. Oggi invece è solo l’Europa a farsi carico degli oneri di un esodo drammatico, mentre, ad esempio, i ricchi Paesi arabi del golfo Persico, nonostante le loro responsabilità nel conflitto siriano, non hanno praticamente raccolto nessun rifugiato.
Ma l’internazionalizzazione dell’accoglienza, pur fondamentale, non basta. Occorre bloccare l’esodo dei profughi aggredendone la causa: l’ISIS. La timidezza della coalizione anti ISIS, prima della discesa in campo della Russia, ha moltiplicato le orrende crudeltà dei terroristi islamici, il loro proselitismo e le drammatiche fughe dei civili. Lo Stato islamico va invece combattuto con la stessa determinazione con cui fu combattuto il nazismo. E’ indicativo che un religioso, il patriarca cattolico di Bagdad Louis Raphael Sako, abbia auspicato “un’azione internazionale forte contro l’ISIS, con l’invio di soldati, anche di truppe al suolo, magari delle Nazioni Unite, per distruggere i terroristi ed il loro odio cieco”. Perché la guerra all’ISIS non è la guerra ad altri uomini. E’ legittima difesa. E’ la guerra al male assoluto.
Domenico Crocco