Il mondo è meno diseguale ma non il Sud

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Molte volte, negli appelli delle organizzazioni mondiali e nelle preghiere religiose, si auspica un mondo più giusto. Dove a tutti sia garantito il cibo. Dove ci sono meno disuguaglianze. Con linguaggio tecnico, gli economisti del Fondo monetario internazionale spiegano che la diseguaglianza in sé, se eccessiva, è un freno alla crescita.

Negli ultimi due decenni le economie occidentali hanno fatto i conti con la crisi. Gli Stati Uniti e l’Europa hanno fronteggiato depressioni economiche che hanno ricordato la crisi del 1929. Il tasso di crescita di queste economie è rallentato, molto spesso si è bloccato. Molti Paesi occidentali hanno fatto i conti con una diminuzione del benessere, con l’aumento del debito, con una discesa del PIL, con l’austerità, con i tagli di spesa pubblica. E’ questo, di per sé, un male?

La verità è che se le economie occidentali si sono fermate, hanno rallentato , sono cresciute di meno, alcuni Paesi prima fortemente indietro hanno fatto grandi passi verso lo sviluppo. Se si considera il mondo come un’unica grande economia, ci accorgiamo che una mano invisibile ha bilanciato le ricchezze disponibili diminuendo quelle in Occidente ed aumentando quelle ad Oriente. E’ quanto emerge dal primo rapporto della Fondazione Hume-Sole 24 ore. Che dimostra come, dagli albori del Duemila ad oggi, le disuguaglianze tra le economie del Mondo si siano fortemente attenuate grazie alla crescita di Cina ed India, i due Paesi più popolosi al mondo. La Cina ha fatto registrare un aumento del prodotto interno lordo pro capite a ritmi rapidissimi e per diversi anni. L’India è stata meno brillante della Cina ma, nel lungo periodo, i suoi progressi sono innegabili. Il Pianeta è diventato, così, un po’ più uguale. E questo vale anche per l’Europa. Anche nel nostro Continente alcuni grandi economie, che per tanto tempo avevano prosperato consentendosi livelli di benessere esorbitanti, hanno dovuto stringere la cinghia, risparmiare e fare i conti con una disoccupazione crescente. Allo stesso tempo alcune altre economie, come ad esempio quella della Polonia, hanno fatto passi da gigante ed hanno raggiunto livelli di benessere mai conseguiti in precedenza. Spesso l’Europa ci delude. Spesso ci costringe a forti sacrifici. Ma spesso questi sacrifici rappresentano la condizione attraverso cui Paesi accolti recentemente nell’Europa, sono passati, anche attraverso gli aiuti europei, da una condizione di arretratezza a livelli di benessere sempre crescenti. E’ per questo che, normalmente, c’è sempre un grande pressing per entrare a far parte del circolo europeo.

Il rapporto della Fondazione Hume-Sole 24 ore evidenzia quindi come il mondo, ed anche l’Europa, sia meno “disuguale”. Ma evidenzia anche, purtroppo, che se la disuguaglianza è diminuita a livello globale, essa è cresciuta, invece, a livello interno, tra Nord e Sud dell’ Italia. Si accentua il divario tra Settentrione e Meridione e, in Italia, su 9 milioni di “esclusi” dal benessere, oltre la metà sono del Sud. Anche il tasso di povertà familiare del Sud, rispetto al centro-nord, è salito dal 16% del 2003 al 19,55% del 2013. “Ad oggi- si legge nel dossier della Fondazione David Hume- pare che le due zone d’Italia stiano cominciando nuovamente ad allontanarsi”. E tutto questo nonostante gli aiuti europei e i fondi europei, spesso non spesi o spesi male.

Come è possibile che mentre la tendenza, a livello mondiale, è di una forte riduzione delle disuguaglianze tra zone depresse e zone del benessere, a livello italiano le disuguaglianze si acuiscono? E’ evidente che è mancata in Italia, negli ultimi decenni, una politica strategica a favore del pieno sviluppo del Sud. E’ mancata un’analisi adeguata sulla direzione dello sviluppo del Sud partendo da una valorizzazione della sua vocazione naturale. E’ mancata una rappresentanza politica appassionata e intelligente del Sud. Mentre il Nord ha difeso i suoi interessi strenuamente, addirittura attraverso la creazione di un partito territoriale, il Sud, tranne qualche rara eccezione, si è distinto per le divisioni interne, per le beghe locali, per l’asservimento acquiescente alle politiche nordiste. Una cosa è certa: così come la Cina e l’India hanno fatto grandi passi in avanti nel mondo investendo innanzitutto su se stesse e senza aspettarsi regali dagli altri, così anche il Sud si risolleverà solo quando si rimboccherà le maniche da solo. Investendo su una nuova classe dirigente che crede nel Sud, che è capace di ispirarsi ai migliori esempi di sviluppo ed è disposta a lottare con passione e a denti stretti. Per il Sud e non per i suoi meschini interessi personali.

Domenico Crocco

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